Il procedimento per l’ottenimento della cittadinanza italiana: spesso un’inaccettabile “storia infinita”

Data di pubblicazione:6 Settembre, 2018

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Difesa Civica PT

La legge italiana, in caso di naturalizzazione, prevede che la cittadinanza italiana degli stranieri non comunitari possa essere concessa dopo dieci anni di residenza legittima sul territorio italiano (legge n. 91 del 5 febbraio 1992). Il regolamento attuativo della legge prescrive che il procedimento ha una durata (massima) di 730 giorni (due anni). La concessione della cittadinanza non è però un “diritto soggettivo”, cioè un automatismo. Lo straniero sarà quindi sottoposto a una serie di controlli, affinché lo Stato possa valutare aspetti di opportunità per questo atto che si ritiene altamente discrezionale (come ad esempio la disponibilità di un reddito,il non aver commesso alcune tipologie di reati o non essere un soggetto socialmente pericoloso ecc.). Questi 730 giorni dovrebbero proprio servire ad assolvere il processo di valutazione. Nel nostro ordinamento giuridico ogni procedimento amministrativo ha una durata prestabilita (legge n. 241 del 7 agosto 1990), che serve a garantire sia la pubblica amministrazione che il richiedente. In tempi certi si dovrebbe quindi poter sapere se l’istanza viene accolta o, eventualmente, rigettata con un’apposita motivazione. Così purtroppo non accade per la cittadinanza. Il Ministero dell’Interno a volte impiega anche cinque anni per decidere, violando così il termine prescritto. L’Ufficio del Difensore civico della Provincia di Pistoia si è attivato più volte per sollecitare la Direzione centrale per i diritti civili, la cittadinanza e le minoranze affinché si provvedesse nei termini prescritti dalla legge. In alcuni casi si è poi finalmente adempiuto con gli atti dovuti, con grande soddisfazione degli utenti.In altri casi invece è stato risposto che Le istanze per concessione della cittadinanza ex articolo 9, legge del 1992, n. 91 devono essere definite nel termine di 730 giorni, termine che, a differenza dell'attribuzione della cittadinanza per matrimonio ai sensi dell'articolo 5 della citata legge, non deve considerarsi perentorio, secondo un consolidato avviso giurisprudenziale. In realtà, pur accettando che il termine non sia tecnicamente perentorio, questo non significa che la pubblica amministrazione possa decidere di concludere il procedimento quando più le aggrada, in totalediscrezionalità. Il silenzio prolungato della pubblica amministrazione, in questo caso, viene dalla giurisprudenza ritenuto un inadempimento, che quindi è idoneo “a produrre effetti riparatori”, come una recente sentenza del Consiglio di Stato ha ricordato (Cons. Stato, Sez. III, sent. n. 429/2016). Ma è proprio per evitare che si debba ricorrere al Tribunale Amministrativo per vedere condannato il Ministero -un costo a caricodegli utenti e dello Stato- che il Difensore civico territoriale della Provincia di Pistoia è intervenuto e continuerà a farlo, anche attraverso l’istituto del potere sostitutivo, intimando al Ministero di rispettare i termini per il procedimento a tutela dei richiedenti la cittadinanza e per garantire contestualmente il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione.

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